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EPISTOLARUM QUAE SUPERSUNT



dalle botteghe de’ barbieri, e di quelli che pieni di corrotto sangue tengono i barbieri di Napoli, parevano essere suti imbolati. E se alcuno ve n’era di legno, nero ed umido e che sapeva e sudava del grasso di ieri erano posti innanzi; il che spesse volte di tuo avvedimento m’avvidi essere stato fatto, acciò che la carne innanzi posta, pigliando il sapore del legno, non diventasse sciocca. Dirai forse: — Se tu sai che io il sapessi, perché me lo scrivi ? — Per Ercole! non per altro, se non perché tu t’avveggia che ancora io mi sia avveduto che quello che quivi era non era di Malfa. Il proposto della sala (come appresso a certi nobili per addietro vidi per consueto cibi apparecchiati quasi con la voce del banditore annunziare) l’anno precedente, acciò che io non dica il mese o il dí, ti mostrava l’ordine del seguente, il quale dal cuoco era osservato. Buoi di vecchiaia o di fatica o d’infermitá morti si cercavano da ogni luogo, per tua sollicitudine dicevano molti, il che appena credeva ricordandomi come per addietro solevi essere sollicito intorno alle buone cose; cosí o troie spregnate o colombi vecchi, che arsi o mezzi cotti a’ cenanti s’apparecchiavano, perché, secondo l’autoritá del re Ruberto, in nutrimento piú forte si convertissono: ed oltre a questo, Esculapio, Apollo ed ancora Ipocrate e Galieno queste interapeutiche vivande non molto commendano, e spezialmente in questo pestilenzioso tempo. Oh come ben fatto! acciò che piú pienamente la tua masserizia si conoscesse, intra due di quelli che sedevano alla prima tavola tre castagne tiepide venivano innanzi. Io non aveva detto le quisquilie: piccolissimi pesciolini, ancora a’ mendicanti lasciati, de’ quali il dí del santo digiuno èramo pasciuti, cotti in olio fetido! Ma per ristoro delle sopraddette cose sopravvenivano vini o agresti o fracidi o vero acetosi, non sufficienti a tórre via la sete, eziandio se molta d’acqua vi si mettesse. Questo non arei mai creduto essere stata tua operazione, se tu avessi cenato con noi, perché mi ricorda con quanta cura tu solevi cercare gli ottimi vini; ma tu, sí come savissimo sempre, lasciata la sventurata moltitudine, salivi il monte di Crasso e ne’ conviti reali, o, se piuttosto vuoi, del tuo Mecenate, t’inframmettevi, ne’ quali erano piú larghi bocconi messi ne’ vasi d’argento, e quivi ottimi vini sorsavi: magnifiche cose veramente e degne del tuo grande Mecenate, interamente ragguardanti e dirittamente alla felicitá promessa. Forse che tu dirai: — Che aresti voluto? Non conoscevi tu il costume de’ cortigiani? Quello che basta agli altri non doveva bastare a te? —