Folgoreggiante, non affanna, e il tristo,
Ebro piacer dello smodato lusso;
Ma lascia che i suoi dí scorran nell’ombra,
E d’umili fatiche i placid’ozi 30
Dell’innocente sua vita conforta,
Lungi dal chiasso cittadino, parco
Ne’ desidèri; e lieto sua ventura
Carezza, e, pago del modesto avere,
Il cor non pasce d’avide speranze, 35
Né d’inutili cure: indifferente
Cosí d’un regno che tramonti, come
Della minaccia di cattiva stella
E dell’esizïal luce sanguigna
D’una cometa. Il mobile favore, 40
E la plebe, che mal soffre al potente
Di tener fede, su caduco seggio
Lui non leva, da un’aura popolare
Tratto in alto; né quegli che governa,
Solicitat non fastosi mala gaudia luxus;
Sed tacitos sinit ire dies, et paupere cultu 20
Exigit innocuae tranquilla silentia vitae,
Urbe procul, voti exiguus; sortemque benignus
Ipse suam fovet, ac modico contentus acervo
Non spes corde avidas non curam pascit inanem;
Securus quo sceptra cadant, cui dira minentur 25
Astra et sanguinei jubar exitiale cometae.
Non illum fragilis favor indocilisque potenti
Plebs servare fidem, evectum popularibus auris,
Casuro imponit solio, nec ducit hiantem