Cap. XI.Sect. III.alcuni de’ nostri, è una fabrica grande fatta tutta di mattoni cotti, e buona calce, con muraglie grossissime, e rivolta con la faccia all’Oriente, e la sua facciata, che è lavorata d’alto a basso con mille sconpartimenti de i medesimi mattoni, è lunga da cento e quattordici passi de’ miei. Haveva come apparisce tre navi, all’uso delle Chiese nostre, delle quali quella di mezo sola resta in piedi, et è lunga sessanta due passi de’ miei, e larga trenta tre, mà misurai allo peggio, in quel modo che si poteva, per la disugualità, et impacci del terreno ingombrato. Dinanzi in mezo non hà porta grande, come si usa, ma tutta in nave di mezo, quanto è larga et alta, è aperta, di maniera che di fuori si vede tutta dentro fin’ in cima, la qual cosa ha dato occasione a i paesani di chiamar questa fabrica l’Arco, perche con la sua gran volta, aperta dinanzi, rapresenta à punto la figura di un grande, arco. In faccia dentro nella parte di dietro, vi è una piccola porta in mezo fatta pur ad arco, et dalle bande vicino alla facciata da piedi, vi sono due altre porte piccole, che entravano nelle altre due navi minori, le quali sono rouinate del tutto come anche è rouinata parte della volta, e del muro dietro. Mà non occorre che io mi affatichi in descriverla, il mio pittore la dissegnò con diligenza tutta in prospettiva, e nel quadro, che ne farà, la vedrà V. S. ritratta assai del naturale; id est:
„Aiuan Kefra itaque, ut vocant Muhammedani, vel Arcus Soliman Pàc, ut vulgò malè quidam nostrum appellant, propter harum rerum propinquitatem, est ingens fabrica tota exstructa ex lateribus coctis, et bona calce, cum crassissimis muris, frontispicio vergente ad Orientem, quod à fastigio usque ad fundamenta multiplici ornatu dictorum laterum conspicuum, et centum ac quatuordecim passus meos longum est. Tres, ut apparebat, in eo fuerunt naves, (quo nomine vocantur cellæ mediæ,) non secus ac in templis nostris, quarum media tantum superstes est, ac sexaginta duos passus meos longa est, et ampla triginta tres. Mensuravi autem summa cura, quantum mihi licuit per obstacula et gibbositates ruderum humi sitorum. In medio partis anterioris non est magna porta, qualis esse solet, sed navis media, quantæcunque latitudinis et altitudinis sit, aperta est, ita ut ab extra omnia intrò perspiciantur usque ad fastigium: unde incolæ acceperunt rationem, ob quam hanc fabricam vocaverint Arcum, quia per suum magnum fornicem anteriùs apertum, speciem præbet magni arcus. In postica parte interiore est parva porta in medio facta etiam arcuata, et à lateribus prope fundamentum aliæ duæ parvæ portæ sunt , quà intratur in alias duas naves minores, quæ sunt penitus collapsæ, prout etiam collapsa est pars fornicis et muri postici. Verùm nolui operam impendere in eâ describenda, sed pictor meus eam delineavit sciagraphicè cum omni diligentiâ, et in figura quadrata, quam videbis hîc naturaliter depictam.“ Pergit Vallæus.
Vicino à questa fabrica monstrano un luogo pieno di rouine, che dicono pur gli Hebrei, che fosse il lago de i Leoni, ò luogo da tenerli le fiere, dove fù gittato Daniele, io le hò tutte per cose poco fondate, in somma, per le historie Persiane sappiamo certo esser quella la Città di Tesifonte, che come fù assai grande e magnifica, non è miraviglia, che havesse molte fabriche notabili, che hoggi che sono totalmente distrutte, è molto difficile a poter conoscere che cosa si fossero. Andammo poi più in là à veder la Meschita di Soliman Pàc, che è fabrica di Mori fatta di mattoni antichi, con qualche garbo, ma piccola, e girando un pezzo per quelle campagne, oltra molte rouine, che trovammo sparse in quà et in là, di fabrica simile a quella di Babel, di mattoni crudi e cannuccie. Vedemmo ancora le rouine della muraglia della città, che si vede esser stata molto grande, e si
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