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Pagina:Boccaccio, Giovanni – Opere latine minori, 1924 – BEIC 1767789.djvu/165

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XII. - A FRANCESCO NELLI



disopra la cagione è aperta del mio partire: io non poteva piú sofferire i fastidiosi costumi del tuo Mecenate (se io dirò: «e tuoi», io non mentirò), né il disonesto portamento. Ed acciò che tu con ragione non mi dichi «subito», da cinque mesi in qua il consiglio del mio partire cento volte ho ragionato teco ed a quello sono suto da te consigliato; ed acciò che piú fede io dessi a’ detti tuoi, te il simile in breve essere per fare affermavi, dannando tutte quelle cose le quali io dannava: e molte cose le quali per vergogna io taceva, tu medesimo aggiugnevi. Colui adunque che cosí lungamente il consiglio d’alcuna opera ragiona e delibera, venendo finalmente all’atto, debba essere detto «subito» o vero «ruinoso»? Né io il credo né tu il credi. E se del mio partire le cose che sono dette non pensi assai degna cagione, altre ce ne sono. Aggiugnerolle; le quali a me, forse, taciute, sarebbe suto piú onesto, e se io non le scrivessi a te, veramente non l’arei dette: tu nondimeno le serba teco. Temeva i costumi inumani del tuo Mecenate. Se tu non perdesti al tutto con la conscienzia la mente, tu il dovesti conoscere. Però che noi cosí il collo al giogo sottomettiamo, che il carro a senno del carradore tiriamo, ma esso dalla parte sua intorno a’ bisogni di coloro che tirano debba essere desto; la qual cosa niuno mai meno che questo tuo Mecenate avere fatto o fare è certissimo. Io mi credeva che esso, salendo in alto, il vecchio costume volgesse in meglio: ma, sí come chiaro m’avvidi, in peggio lo ridusse la felicitá. Al postutto, a lui niuna sollicitudine è o benignitá de’ miseri che il servono: e sperto favello. Piova il cielo, caggia gragnuola o vero neve, scrolli il mondo la rabbia de’ venti, i tuoni spaventino i mortali, i baleni minaccino incendi e le saette morte, escano i fiumi del ventre loro, assedino i ladroni i cammini, per fatica vengano meno le cavalcature: quante simili cose vuoi orribili occorrano in casa o fuori, non altrimenti era da pietá mosso, a’ miseri che il servono, ad aiuto di consiglio, di parole o di fatti, che se elli fussono arabi o indi o bestie salvatiche. Pure che esso stia bene, pericoli poi chi vuole. Egli pensa, sí come io credo, essere argomento della grandezza sua calcare e dispregiare i minori; e, quello che segnale di piú crudele animo si è, se esso vegga o senta gli amici infermi, non che egli gli aiuti come è usanza degli amici, o almeno di parole gli conforti, ma egli non vuole udire i bisogni degli amici debili: e se e’ si guardasse a lui, sanza consiglio di medico e sanza avere sacramenti, nella stalla infermi si morrebbono. Questo inumano