tro uso dei suoi tempi, si contenta d’additare il solo numero del libro, non anche gli altri del capitolo o paragrafo.
Ciò premesso, si tenga presente che il 6 febbraio 1720[1] la curia arcivescovile napoletana scelse o, per essere piú esatti, consacrò nei suoi atti la fictio iuris di avere scelto[2] quale revisore ecclesiastico il canonico Giulio Niccolò Torno [3], grande amico dell’autore e, precisamente dal De uno in poi, revisore di tutti i suoi scritti: da che la possibilitá che sin da quel giorno il manoscritto fosse piú o meno pronto per la stampa. La quale, in tal caso, è anche possibile fosse cominciata poco dopo il 29 febbraio — giorno in cui il Torno compilò il suo parere, nel quale si può quasi giurare ponesse le mani lo stesso Vico, se pure, come indurrebbe a pensare l’eccellenza dello stile latino, non ne fu proprio lui il principale autore[4] — e si trovasse a buon punto il 19 luglio — giorno in cui il Vico ottenne che il Collaterale desse all’altro suo antico amico Nicola Galizia (colui appunto ch’era uscito non poco compromesso dal processo intentato nel 1693 dal Sant’Ufticio agli «ateisti» napoletani[5]) l’incarico, adempito sbrigativamente quello stesso giorno, di censore civile. Senonché codesta possibilitá non esclude l’altra che il parere del Torno si
- ↑ Cfr. presente edizione, p. 261.
- ↑ Giacché è fuor d’ogni dubbio, quantunque manchino documenti al riguardo, che la scelta fu fatta dallo stesso Vico. E invero, sino al 1792, la censura preventiva della stampa, salvo casi eccezionali, era attuata a Napoli con tanta bonomia, che non solo la designazione dei censori veniva lasciata per lo piú agli autori medesimi, ma non di rado costoro scrivevano essi stessi i «pareri», salvo poi a farli sottoscrivere da qualche amico compiacente. Che anzi nei tre o quattro decenni precedenti il 1792, nei quali, pur senza essere consacrata in diritto, la libertá di stampa vigeva a Napoli quasi di fatto (cfr. F. Galiani, Del dialetto napoletano, ediz. Nicolini, Napoli, Ricciardi, 1923, pp. xli-ii), si giunse al punto che censore civile delle anonime Lettere viileresche di Tommaso Fasano (1778) fu, anche ufficialmente, l’autore medesimo.
- ↑ Notizie biobibliografíche in Vico, Autobiografia e Carteggio, passim (cfr. indice dei nomi).
- ↑ E se le cose andarono così, sarebbe rafforzata l’ipotesi, formulata testé dal Croce, che l’insistenza quasi polemica con cui il Torno (e, per lui, nel caso, il Vico) pone in rilievo, nei suoi pareri, la conformitá delle dottrine vichiane ai dogmi della religione cattolica fosse quasi un mettere le mani avanti per evitare che contro il Diritto universale e le due Scienze nuove venisse mossa (come pur fu mossa contro il De uno) la facile accusa d’irreligione (cfr. Il Vico e l’ortodossia, in appendice alla citata ristampa dell’opera del Finetti, p. 115).
- ↑ Cfr. Nicolini, Giovinezza e in Vico, Autobiografia, ecc., indici dei nomi.