renze, ove si serba tuttora[1]. Un secondo, come si vedrá[2], venne mandato piú tardi, insieme col De constantia, al principe Eugenio di Savoia. Un terzo, infine, per consiglio del frate napoletano Tommaso Maria Alfani, venne consegnato il 9 febbraio 1722, e anche questa volta insieme col De constantia, al giovane conte di Wildenstein, perché, giunto che fosse da Napoli a Lovanio, facesse recapitare l’uno e l’altro volume a Giovanni Ledere. Il quale, ricevutili, inviò da Amsterdam (8 settembre 1722) «all’illustrissimo signore e padrone colendissimo il signor Gio. Battista Vico, degnissimo professore in retorica nell’Universitá di Napoli», una lettera elogiativa, contenente, inoltre, la promessa, sollecitamente mantenuta, d’inserire nella Bibliothèque ancienne et moderne, da lui diretta e letta in tutto il mondo scientifico del tempo, quei due annunzi bibliografici, non meno laudativi, che il Vico diffuse, con tanta sua gioia, per Napoli e intercalò poi, in una sua versione italiana, nell’Autobiografia[3].
In questa è pur narrato che proprio quei due annunzi valsero finalmente a chiudere in Napoli bocche malèdiche, che non si stancavano di dir male della grande fatica vichiana e che, anziché tacere quando il Vico aveva divulgato la prima missiva clericiana, la avevano definita «privato complimento», non senza soggiungere «esser impossibile che, con quest’opera del Vico, volesse il Clerico cantare la palinodia di quello che esso, presso a cinquant’anni, aveva sempre detto: che in Italia non si lavoravano opere le quali, per ingegno e per dottrina, potessero stare a petto di quelle che uscivano oltremonti». Ciò che l’Autobiografia non racconta (ma lo confessa il Vico medesimo in una lettera al Giacco del 12 ottobre 1720[4]) è che, súbito dopo la comparsa del De uno, quelle critiche o maldicenze napoletane avevano assunto aspetto di censure anche e principalmente d’indole religiosa. Giacché coloro che le formularono — sebbene appartenessero quasi tutti al partito anticurialistico e fossero quindi in continua guerra guerreggiata proprio con quei preti e frati (e
- ↑ Vol. segnato PP. 15311. Mancano, per contrario, nella Riccardiana il De constantia e le Notae. Eppure deve ritenersi tanto più sicuro che quei due volumi venissero anche essi inviati al Salvini, in quanto nel De constantia si discorre a lungo di lui (presente edizione, pp. 452-5).
- ↑ Cfr. il § V della presente Nota.
- ↑ Autobiografia e Carteggio, pp. 42-3, 94-104, 177, 189-90.
- ↑ Carteggio, ed. cit., pp. 154-6.