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iv. il «de costantia»


per la ricostruzione della storia del tempo oscuro e favoloso o preistoria che si voglia dire; o, ch’è il medesimo, un geniale precorrimento dei principi fondamentali delle discipline che il secolo decimonono battezzerá da un lato coi nomi di Filologia comparata. Mitologia comparata e Diritto comparato, e, d’altro canto, con quelli di Critica delle fonti, Euristica e via enumerando;

e) una serie, molto piú lunga, di osservazioni storiche (dovute al saggio consiglio dato al Vico dal Ventura[1]) sulla cosí detta etá dell’oro (trattata, invece, quale «erramento ferino»); sulle origini delle religioni, della civiltá e del diritto; sulle origini della famiglia, della gens, della proprietá privata e, conseguentemente, del feudo; sulle origini della «cittá eroica», delle aristocrazie e, per ciò stesso, dello Stato; sulle origini del famulato (o schiavitú), delle clientele, delle plebi e delle democrazie; sugl’istituti giuridici, politici e sociali, sulle leggi, sulle letterature e sui fatti culminanti dell’Oriente, della Grecia e di Roma: considerazioni tutte, alle quali l’esser date, non a guisa di trattazione ordinata, anzi, nel maggior disordine, ora quasi esemplificazioni o corollari («consectanea») di principi filosofici, ora in forma di paralleli, e l’essere anch’esse, generalmente parlando, ancora immature, non tolgono punto il carattere di altro rivoluzionario precorrimento dei risultati a cui, in tutti codesti campi, è giunta e va giungendo la storiografia civile, politica, giuridica e letteraria del secolo decimonono e dei giorni nostri.

Quale titolo complessivo assegnare a questa che, di quante sistemazioni de omni scibili s’erano tentate sino allora, compresa quella baconiana, che il Vico tenne di continuo presente, era la piú gigantesca? Sorriderebbe congetturare che giá nel 1721 il filosofo napoletano vagheggiasse quello, di provenienza galileiana[2], di Scienza nuova, che, come s’è veduto, fa pure una fugace e timida apparizione in un capitolo del De constantia philologiae. Senonché si conosce da documenti che a quel «titolo invidioso» il Vico non cominciò a pensare se non nel 1724, quand’era per condurre in porto la disgraziata Scienza nuova in forma negativa[3]. Invece il Vico medesimo confessa d’aver voluto primamente far proprio, con qualche adattamento, il titolo della dispersa enciclopedia var-

  1. Si veda sopra p. 766.
  2. Ricordare i Discorsi e dimostrazioni intorno a due nuove scienze del 1638.
  3. Cfr. nella presente raccolta delle Opere, vol. III, p. 326.