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avvertimento

in luogo di « Vincentii de Galileis». — Dopo il teorema sono trascritte le seguenti attestazioni :

« Fassi fede per me Giovanni Bardi de’ Conti di Vernio, come le presenti conclusioni e dimostrationi sono state ritrovate da M. Galileo Galilei ; e in fede ò fatto la presente questo dì dodici di Decembre 1587, manu propria.

Io Gio. Batta Strozzi affermo il medesimo ; e in fede mi sono sottoscritto di mia mano.

Io Luigi di Piero Alamanni affermo il medesimo; et in fede ho soscritto di mia propria mano questo dì 12 Decembre 1587.

Io Gio. Batta da Ricasoli Baroni confermando il medesimo mi sottoscrivo di man propria il dì 12 detto 1587.

 Adì 29 di Decembre del 1587.

Io Gioseppe Moleto, Lettor publico delle Mathematiche nello Studio di Padova, dico haver letto i presenti Lemma et Theorema, i quali mi son parsi buoni, e stimo l’autor d’essi esser buono et esercitato Geometra.

 Il medesimo Gioseppe ha scritto di man propria.

Questi documenti, e l’ essere la copia Ambrosiana tra le carte del Pinelli, mancato a’ vivi nel 1601, ci tolgono ogni dubbio ch’ essa non rappresenti la forma primitiva di tali studi giovanili del Nostro. Pur troppo però essa contiene soltanto, come si disse, l’ ultima parte dell’opera ; così che per il rimanente fummo costretti ad attenerci unicamente alla edizione dei Dialoghi delle «Nuove Scienze», nei quali per la prima volta Galileo dava alla luce nel 1638 questi teoremi, sebbene, come è assai verosimile, egli dovesse allora ritoccarne alquanto il primo getto, che risaliva a cinquanta e più anni addietro. L’edizione Leidense volemmo però riprodotta fedelmente, anche in certe incostanze della grafia, salvo bensì il correggere gli errori di stampa, i quali notammo a piè di pagina. Né tenemmo conto delle correzioni ed aggiunte con cui, di mano di Vincenzio Viviani, è postillato un esemplare di tale edizione che fa parte della Collezione Galileiana nella Biblioteca Nazionale di Firenze (Par. V, T. IX) ; poiché queste non possono rappresentare che ulteriori modificazioni, suggerite dall’Autore negli ultimi anni della sua vita ; e profittandone noi ci saremmo anche di più allontanati da quella forma primitiva del 1585, la quale sarebbe stato nostro desiderio poter qui riprodurre.

Facendo, invece, tesoro del testo Ambrosiano, ci parve opportuno presentarlo al lettore in maniera che agevolmente potesse farsi il confronto col testo posteriore, dandogli luogo, nella medesima pagina, sotto a questo, ormai dovuto seguire per tutto quanto precede.

Nei Manoscritti Galileiani della Biblioteca Nazionale di Firenze, ad una copia