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iv. il «de costantia»


tore e compagno di scuola del Vico Aniello Spagnuolo al medesimo Vico circa il De constantia (Napoli, 15 agosto 1721); di Anton Maria Salvini ad Alessandro Rinuccini intorno al De uno (Firenze, 3 decembre 1720)[1]; del patrizio genovese Goffredo Filippi a Paolo Mattia Doria su un passo del medesimo De uno (Genova, 11 maggio 1721); del mentovato Luigi von Gemmingen a Tommaso Maria Alfani intorno alla Sinopsi (Roma, 31 agosto 1720)[2].

Incerta la data dell’inizio della stampa, giacché, per le ragioni esposte nel paragrafo precedente, non può essere indicata sicuramente come tale quella del 18 febbraio 1721, giorno in cui il solito canonico Torno, piú disposto che mai ad avallare con la propria firma le «eresie» dell’amico filosofo, riceveva dalla curia arcivescovile l’incarico di rivedere il manoscritto[3]. È cosa invece ben certa che tra siffatto incarico e la stesura del parere (20 agosto) corsero anche questa volta ben sei mesi, e che nel parere stesso, con insistenza ancora maggiore che non in quello per il De uno — e anzi tirando a tal punto la corda da presentare a dirittura il De constantia quale lavoro prevalentemente di apologetica cattolica — il Torno (o, per lui, anche questa volta, il Vico) pose in rilievo che nel libro, perfettamente conforme «fidei christianaeve ethicae», l’autore, «vere pius, vere catholicus, ultra vel supra morem caeterorum de metaphysicis aut philologicis scribentium», ch’è come dire piú ancora di quanto sarebbe bastato per restare in pace con Santa Madre Chiesa, aveva disteso «omnes sui ingenii nervos ut uni catholicae religioni, quae suprema laus est, adlaboraret». Ch’è, a dir poco, una grossa iperbole, giacché, salvo cinque o sei digressioni, nelle quali, quasi excusationes non petitae, l’autore asserisce che dai suoi principi scaturiscono nuove e invitte prove «veritatis christianae religionis», salvo il taglio arbitrario tra ebrei e «genti» e salvo infine quei pochi luoghi nei quali viene sforzato questo o quel testo biblico per adattarlo ai principi informatori del libro, il Vico tende «omnes sui ingenti nervos» a dimostrare piuttosto la tesi, prettamente eterodossa, dell’origine, non soprannaturale, ma meramente umana del sentimento religioso.

Comunque, una ventina di giorni prima che il Torno esibisse all’autoritá ecclesiastica codeste non veritá o mezze veritá, l’autore aveva pur dovuto mettere in circolazione almeno due esemplari a

  1. Si veda sopra, p. 769.
  2. Ivi.
  3. Presente edizione, p. 587.